II Im Gespräch mit den Freunden – II Conversando con gli amici

 

 

 

 

 

16, Seite 37  – 16, p. 37

 

Mundvorrat

                          für Peter Handke

 

In den Taschen arabische Pilze,

auf Katastrophen gefaßt.

Amseln, betrügerische Kellner,

bringen Knoblauch und Salz.

Von einer Sekunde zu anderen

fallen der Hitze die Augen zu,

die Pilze haben die Prüfung bestanden.

 

(Januar 2007)

 

 

Viatico

 

                                   per Peter Handke

 

In tasca funghi arabi.

Avezzi alle catastrofi.

I merli, camerieri ingannevoli,

portano aglio e sale.

Da un secondo all’altro

gli occhi cedono alla calura,

i funghi hanno superato l’esame.

 

 

(Gennaio 2007)

 

 

17, Seite 38 17, p. 38

 

 

Ein Freund

 

In einem Hotel wollte er leben, am Meer,

täglich mit anderen Menschen frühstücken,

die ihm ihre Träume aufs Brot schmieren,

während er stumm sein Vierminutenei köpft.

Keine Bücher, keine Post, keine Gewißheiten,

und wenn die Putzfrau das Zimmer

verlassen hat: eine Seite schreiben

und rein in den Umschlag, Absender

ist wieder mal nicht das Hotel.

 

Er starb in der Stadt, in Altenheim,

die Ohren verstopft gegen schöne Worte.

Seine Notizbücher und Kladden,

die wir in seinem Nachlaß fanden,

berichten von der Freundschaft zu Schwalben

und den täglichen Besuchen des Todes.

Eine Seite ist der Grasnelke gewidmet,

Armeria vulgaris ¹, der Schönheit abhold,

nicht mal als Tee zu genießen.

 

 

Un amico

 

Voleva vivere in un albergo, sul mare,

ogni giorno far colazione con altri

che gli spalmino sul pane i loro sogni,

mentre in silenzio decapita il suo uovo da quattro minuti.

Niente libri, niente posta, niente certezze,

e appena la donna delle pulizie ha lasciato

la stanza: scrivere una pagina

e via, dentro la busta, di nuovo

il mittente non è più l’albergo.

 

E’ morto in città, all’ospizio,

le orecchie sorde alle belle parole,

i taccuini e i quaderni

ritrovati nel lascito

parlano di amicizia con le rondini

e di quotidiane visite della morte.

Una pagina è dedicata all’armeria,

armeria vulgaris¹, poco incline alla bellezza,

poco gradevole anche come tè.

 

 

 

18, Seite 46 – 18, p. 46

 

 

Wir hatten uns verabredet,

nachts, zwischen den Dörfern,

unter dem abnehmenden Mond.

Sie wollte ihr Pferd mitnehmen,

ich schleppte den Koffer.

Ich hatte mir jedes Wort überlegt.

Sie sollten leicht sein, aber nicht vage,

bestimmt, aber nicht zu schwer.

Das Wort Liebe lernte ich auswendig,

um es nicht gebrauchen zu müssen.

Auf der Höhe der Zypressen,

die wie Dochte in der Erde steckten,

gingen wir grußlos aneinander vorbei.

 

 

Ci eravamo dati appuntamento

di notte, a metà strada fra i villaggi,

sotto la luna calante.

Lei volle portarsi il cavallo,

io trascinai la valigia.

Avevo riflettuto su ogni parola.

Dovevano essere lievi ma non vaghe,

ferme ma non troppo dure.

Imparai a memoria la parole amore,

per non essere costretto a usarla.

All’altezza dei cipressi,

conficcati in terra come stoppini,

ci passammo accanto senza salutarci.

 

 

19, Seite 78 – 19. p. 78

 

 

Laut Wetterbericht hätte es klar sein sollen,

aber es regnete Strippen, und auf der Terrasse

gab es ein platzendes Blasenkonzert. Und dann?

Ich schaute den Krähen zu, einer Bande Kinder

Mit uralten Stimmen, die alte rostige Dosen

Über die Straße kickten; aber das blöde Sinnen

Hilft nichts, wenn man nicht leben kann, 

wie sich’s gehört. Zwischen den Fenstern zwei

gregorianische Bienen, die nur von sich reden können.

 

Lasse ich sie raus, sie sind dem Regen ein Opfer,

im Zimmer aber will ich sie nicht dulden.

Und dann?

Ich saß einfach da in meinem Mottenpelz

Und sah zu, wie mein Leben verschwand im Archiv.

Irgendwo las ich, Gott sei, an seinem Reichtum gemessen,

ein Geizhals. Das stimmt, einen Sonnenstrahl

hätte er spendieren können, einen einzigen.

 

 

Secondo il bollettino meteorologico sarebbe stato sereno,

invece è piovuto a catinelle, sulla terrazza

uno scoppiettante concerto a fiato. E allora?

Osservai le cornacchie, una masnada di bambini

dalle voci vecchissime che a calci lanciavano

vecchi barattoli arrugginiti oltre la strada; ma meditare scioccamente

non serve a nulla, se non si sa vivere

come si conviene. Tra le finestre due

api gregoriane, capaci di parlare solo di sé.

 

Se le lascio fuori, sono vittime della pioggia,

ma in camera non sono disposto a tollerarle.

E allora?

Rimasi semplicemente lì nella mia pelliccia piena di tarme

a osservare la mia vita che finiva in archivio.

Da qualche parte ho letto che Dio, a paragone della sua ricchezza,

è uno spilorcio. E’ proprio così, un raggio di sole,

uno soltanto, avrebbe potuto regalarcelo.

 

 

20, Seite 91 – 20, p. 91

 

 

Es ist nicht passiert,

was ich aufschreiben ließe.

Nur ist die Welt manchmal

So groß, daß die Wörter

Sich darin verlieren.

Dann gehe ich zum See

Und schauen den Enten zu.

Wenn die Wellen, die sie

Im Wasser bilden, das Ufer

Erreichen, strecke ich mich

Im hohen Gras aus und bin

Nicht mehr zu finden.

 

 

Non è accaduto nulla

di cui prendere nota.

Solo che a volte il mondo

è così grande che le parole

vi si smarriscono.

Allora vado al lago

a osservare le anatre.

Quando le onde che esse formano

nell’acqua raggiungono

la riva, mi stiro

nell’erba alta e non

mi faccio trovare.

 

 

IV Reden – IV Discorsi

 

 

21, Seite 97  – 21, p. 97

 

Il Magnifico ² spricht

 

Ippolito von Este wurde mit sieben Jahren Erzbischof

von Ungarn; ich selbst hatte eine erträgliche Jugend,

sprach ein gutes Latein und die lingua volgare,

dank Marsilio Ficino hatte ich mit fünfzehn

den Platon intus und bald darauf das Schicksal

meiner Heimatstadt am Hals. Im Zeichen des Saturn

bin ich geboren, das prägt: Jede Schneckenspur

an der Wand wird dir zur bösen Schrift. Mit dreißig

war mein Bankhaus pleite, die Filialen in Lyon

und London wurden geschlossen. Meine Sammlungen

waren berühmt: Münzen und Medaillen, Handschriften,

französische Tapeten aus Leder und viele Freunde,

Pico della Mirandola, Poliziano, Michelangelo,

es mußten stets mehr als drei sein zum convivio,

nie mehr als neun, um die Musen zu besänftigen.

Ich förderte die Demokratie, obwohl sie auch

für den Neid verantwortlich ist unter den Bürgern.

Corrotto corruttore nannten mich meine Feinde,

unsere Ansichten gingen oft weit auseinander.

Verdorbener Verderber? Nun gut. Ich sah mich

eher als den Ergebenen. Im vierundvierzigsten Jahr

hörte ich zum letzten Mal das mit lieblichem Murmeln

aus der Quelle rieselnde Wasser. Heute, höre ich,

will man doppelt so alt werden, und Platon

wird nicht mehr gelesen.

 

 

Il Magnifico ² parla

 

A sette anni Ippolito d’Este divenne arcivescovo

di Ungheria; quanto a me, ebbi una giovinezza accettabile,

parlavo un buon latino e la lingua volgare,

a quindici, grazie a Marsilio Ficino, avevo

compreso Platone e poco dopo ebbi sul gobbo

le sorti della mia città. Sono nato

sotto il segno di Saturno, e questo marchia: ogni impronta di lumaca

sul muro diventa per te una scritta maligna. A trenta

la mia banca fallì, chiusero le filiali

di Lione e di Londra. Le mie collezioni

erano famose: monete e medaglie, manoscritti,

arazzi di cuoio francese e tanti amici,

Pico della Mirandola, Poliziano, Michelangelo,

per il convivio dovevano essere sempre più di tre,

mai più di nove, per placare le muse.

Favorii la democrazia, sebbene in parte

sia responsabile dell’invidia tra i cittadini.

Corrotto corruttore mi chiamavano i nemici,

spesso le nostre visioni erano molto divergenti.

Corrotto corruttore? E va bene. Io mi vedevo

Piuttosto come sottomesso. A quarantaquattro anni

udii per la prima volta l’ameno mormorio

dell’acqua che scorreva dalla fonte. Oggi, mi dicono,

si vorrebbe invecchiare il doppio, e Platone

non si legge più.

 

 

           Da: Michael Krüger, Unter freiem Himmel, Frankfurt a. Main 2007

 

 

                     Traduzione di Palma Severi

 

 

¹ armeria vulgaris: o ‘armeria maritima’

² Il Magnifico: così scriveva Lorenzo De’ Medici, detto il Magnifico (1449-1492 ): “In tutta la vita mia, avvegna che più onore e grado abbi mai conseguito, che a me non si convenia, pure rari piaceri  e poche altre cose secondo il desiderio mio ho vedute (…) ancora che contentissimo vive e che molto appaghi della mia sorte” ( Dizionario letterario Bompiani degli Autori, Milano 1963, , vol. II, p.698)

 

 

 

 

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