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LE AVANGUARDIE E L'ICONISMO POETICO

 

iconografia

 

 

 

Nelle avanguardie l'iconismo verbale si complica con l'oralità che gli infonde il flatus vitae del gesto, nota distintiva e peculiare di questi movimenti: la parola è gesto sulla pagina e al contempo dizione, in un sorprendente ritorno di teatralità analogo a quello del manierismo barocco.

Pertanto questo capitolo che riguarda l'iconismo verbale nelle avanguardie andrà di pari passo con quello della oralità ovvero della poesia sonora.

Già in "The life and opinions of Tristram Shandy, gentleman" (1760-67) di Laurence Sterne, le stranezze tipografiche pongono visivamente l'accento sulle variazioni ritmiche del racconto: una pagina bianca, un'altra nera, una marmorizzata, i capitoli spesso di una frase sola, passaggi intieri che sono sostituiti da asterischi, talvolta l'autore che s'interrompe su di una virgola, oppure propone una pittografia stravagante. Qui le soluzioni grafiche hanno un ruolo che rende visibile la convenzionalità delle forme letterarie e, in ultima analisi, pure quelle sociali, svelandone le contraddizioni e le assurdità (v. glossario, "La parola nascosta").

 

 

"Un coup de dés" di Mallarmé

 

Ma è con "Un coup de dés", di Mallarmé, che, come disse Paul Valéry "il me sembla de voir la figure d'une pensée pour la première fois placée dans notre espace. Ici, véritablement, l'etendue parlait, songeait, enfantait des formes temporelles", tanto da rendere evidenti le "subdivisions prismatiques" dell'Idea.

Al di là del verso, la visione simultanea si sposta sulla superficie della pagina: "Cette page est prise pour unitè comme l'est d'autre part le vers ou ligne parfaite" (Mallarmé).

Di conseguenza il testo costituisce una sorta di canone a sette voci ognuna delle quali individuabile dal tipo e dal corpo del carattere tipografico. La prima voce è costituita proprio dal titolo del poema, cioè "Un coup de dés jamais n'abolirà le hasard". Motivi secondari o adiacenti la intersecano rincorrendosi da una pagina all'altra sino alla conclusione del poema come in una fuga bachiana.

Per Mallarmé il testo del poema è un azzardo vinto parola per parola e tale casualità rimane quale contributo alla sua realizzazione.

Si può supporre che il "Coup de dés" sia soltanto il frammento di un'opera ben più complessa che l'autore lasciò largamente incompiuta, il "Livre" cui il poeta si dedicò nel 1875 al 1898, ben 23 anni di elucubrazioni alla ricerca di un testo che potesse organizzarsi in spettacolo totale. Ne rimangono 202 foglietti che anticipano aspetti avveniristici e che Henri Mondor custodì e Jacques Cherer pubblicò nel 1957. Il poema sarebbe stato composto da pagine mobili che un pubblico di spettatori-lettori avrebbe permutato diventandone coautore: sarebbe stato il progetto di una poesia componibile il cui autore era il pubblico, mentre il poeta si sarebbe riservato il ruolo di 'operatore'. Infine la probabile realtà testuale di questo sorprendente e purtroppo fantomatico progetto, non si sarebbe esaurita sulla pagina ma, uscendone, avrebbe inglobato altre discipline quali l'evento teatrale, la mimica, la danza e pure la musica. (per quanto riguarda il "Coup de dés" vedi glossario alla voce "Il teatro della parola").

Musica? Perché, no. Un allievo di Mallarmé, René Ghille, pseudonimo di René Guilbert, (1862-1925) porta alle estreme conseguenze i canoni della poetica simbolista nel saggio "De la poésie scientifique" (1909), elaborando la concezione della 'strumentazione verbale' basata sull'utilizzo della intrinseca musicalità di vocali e consonanti. È quasi ovvio richiamarne l'analogia con le idee espresse del futurista Luigi Russolo nel saggio "L'arte dei rumori" (1916), ove, trattando della sonorità del linguaggio afferma che "le vocali rappresentano nel linguaggio il suono, mentre le consonanti rappresentano indubbiamente il rumore" e che "il linguaggio ha delle ricchezze di timbri sconosciuti all'orchestra e ciò potrebbe provare che la natura stessa, quando ha voluto aumentare e arricchire i timbri di quel magnifico strumento che è la voce umana, è ricorsa ai timbri dei rumori… per secoli i poeti non seppero usare abbastanza di questa efficacissima fonte di espressione che è il linguaggio". Siamo, come si vede, alle soglie di una teorizzazione adeguata di quella nuova forma che è la poesia sonora, la quale d'altronde si stava affermando con la declamazione dinamica e sinottica futurista.

 

 

Orfismo poetico

 

Alla fine del XIX secolo e agli inizi del XX, in seno alle avanguardie il dibattito sulle nuove forme della poesia viene ad articolarsi  nelle due vaste prospettive da un lato iconiche e dall'altro foniche, cioè della poesia visuale e della poesia sonora.

Su quest'ultima è il simultaneismo orfico ad aprire il discorso, soprattutto con la teoria e poi la pratica di Henri Martin Barzun, Fernand Divoire e Sebastien Voirol (vedi "La poesia dell'oralità" e, per le figure, il glossario).

Pressappoco nei medesimi anni il futurismo italiano proponeva una differente ma non contrastante forma di espressione poetica con le parole in libertà. Sia nell'orfismo poetico che nelle parole in libertà, al verso subentrano altri sistemi: per l'orfismo una pluralità di voci tradotta in spartiti a lettura multipla e simultanea come, mutatis mutandis, nelle partiture dei musicisti; per il futurismo una forma di espressionismo tipografico e a tratti pure simultaneo per cui la scrittura mima optofonicamente l'evento parlato. In entrambi i casi l'esempio del "Coup de dés", quale azione di rottura di una millenaria tradizione lirica, appare evidente.

Nel capitolo dedicato alla oralità poetica ci diffonderemo maggiormente su ambedue queste proposte. Qui ci interessa evidenziare le conseguenze iconiche di tali rivoluzioni. Del simultaneismo l'esempio fondamentale è costituito da un'opera che paradossalmente è tuttora inedita, l'"Orphéide, universel poème" di H. M. Barzun, la quale nel 1914 era praticamente conclusa, ma che varie circostanze, fra le quali non ultima lo scoppio della I guerra mondiale, ne impedirono l'immediata pubblicazione. Nel 1927, al teatro Art et Action, diretto da madame Lara e dal marito Autant, futuri genitori del famoso regista Claude, il poema fu rappresentato con scenografia del pittore musicalista Henri Valensi e in quell'occasione l'intera opera fu esposta in una versione manoscritta di 250 tavole di cm 20x50 redatte dal figlio di Barzun, lo storico Jacques, che poi nel 1922 ne fece copia dattilografata ora conservata alla Biblioteca dei libri rari e manoscritti della Columbia University (figura v. glossario).

Si tratta di 422 pagine divise in 7 episodi-affreschi di varia lunghezza, da 40 sino a 88 pagine, e ciascuno di questi affreschi possiede una propria struttura visuale che è compiutamente percepibile solo allineando le singole pagine in un'unica successione, risultandone 7 giganteschi poemi visuali che iniziano da un momento corale all'unisono di voci che vanno man mano aumentando di numero per poi spezzare l'unisono in movimenti più complessi. Ogni pagina presenta, allineate in verticale, come in una partitura musicale, più voci simultanee, da 2 sino a 18.

Spesso, intorno a una voce col ruolo di voce principale agiscono le altre, talvolta diluendo le parole in onomatopee e comunque dando luogo ad un pluralismo di espressioni fra di loro correlate.

Tematicamente l'Orphéide è un poema epico e i 7 canti rappresentano le tappe di un eterno viaggio del progresso umano che si rinnova nel corso delle epoche. L'ideazione, la costruzione e il viaggio dell'aeronave Atlas, configurano l'evoluzione sociale dell'uomo. Il viaggio di Atlas, prima intorno alla Terra poi fra le costellazioni del cosmo, costituisce il lato fantascientifico dell'opera. La fatale caduta dell'epilogo ricorda il mito luciferino di miltoniana memoria e propone l'identificazione Prometeo-Lucifero quale figura simbolo del destino umano. L'eterno ciclico ritorno della vicenda si ricollega ai miti delle stagioni quali, fra gli altri, quelli di Proserpina e di Osiride.

 Il viaggio dell'aeronave è reso graficamente con due gruppi di voci, uno scritto nella parte alta nella successione delle pagine e l'altro in calce. Mentre ad intervalli regolari, una serie di colonne formate da parole fa da ponte tra l'alto e il basso rappresentando momenti particolari della storia. Spettacolari sono poi due episodi. Quello in cui l'astronave, ormai lanciata nello spazio siderale ove vaga come dispersa, rimane sospesa in un silenzio in cui l'uomo si indìa tra le varie costellazioni; e quello, nel canto finale, dove, per troppa presunzione, l'uomo-astronave precipita andando a schiantarsi su di una scogliera a forma di sfinge, composta unicamente di parole, in un turbine di forme che ricordano certe raffigurazioni a vortici e cerchi di Delaunay, anch'egli, sia detto per inciso, pittore simultaneista.

Una delle ragioni che impedirono per molto tempo la pubblicazione dell'opera, è la difficoltà di stampare un testo composto da parole roteanti nello spazio della pagina (per le figure v. glossario).

Fernand Divoire è invece autore di "Exhortation à la victoire", poema pubblicato su "Poèmes et Drames" nel 1913 che presenta numerosi momenti simultaneisti raggruppati da graffe (fig. 1).

Pure in tale forma librettistica fu stampato nel 1913 il poema simultaneista di Sebastien Voirol "Le sacre du printemps" pochi mesi dopo la rappresentazione dell'omonimo celeberrimo balletto di Igor Stravinskij (fig. 2).

Altri due brevi saggi simultaneisti di Voirol, "Ladies in the wind" e il balletto "Tahi-nui", successivi al 1913, risultano inediti. Gli originali, ora presso la Bibliothèque Nationale di Parigi, sono manoscritti e presentano una scrittura a più colori volta a differenziare i personaggi e gli stati d'animo. Purtroppo, col tempo, i colori, probabilmente a china, sono in parte sbiaditi.

Un quarto autore simultaneista, Nicolas Beaudouin, già promotore nel 1911 del movimento "Paroxisme", pubblicò sulla sua rivista "La vie des lettres" (1922-1923) una serie di "Poèmes Synoptiques sur plusieurs plans", ove per piani si intendono vari momenti di simultaneità a due o più voci e il cui aspetto grafico traduce con accuratezza la successione dei vari momenti (fig. 3).

 

 

Futurismo

 

Nel grande poema parolibero di Marinetti "Zang tumb tuum" (1914) lo stato magmatico della materia espressiva viene trattato con due tecniche principali: il montaggio a intersezioni di stati d'animo e la simultaneità plurivocale. La prima è particolarmente evidente nel finale del secondo capitolo "Mobilitazione" e cioè nella "carta sincrona" ove giocano pure effetti verbali sinestetici: "Uomo di silenzio dorato", "Cascata di suoni verdeggianti", "Parabola stanca di suoni azzurri", "Pozzanghera di rumori sporchi".

Altro superbo esempio di montaggio lo troviamo nel capitolo "Contrabbando di guerra" (Rotterdam) reso con la geniale trovata di stendere una sorta di contabilità degli stati d'animo contraffacendo la forma del libro mastro a partita doppia (fig. 4).

La tecnica simultaneista mutuata da Barzun è presente sia nel primo capitolo "Correzione di bozze + desideri in velocità", sia nelle due pagine finali del capitolo "Ponte" ove 8 voci esprimono sincronicamente stati d'animo disparati (Fig. 5).

In "Zang tumb tuum", l'aspetto visuale e quello fonico sono intimamente collegati dalla vivacissima resa della "Tipografia libera espressiva" che agisce sulla pagina mimando passo passo una lettura a viva voce. L'occhio scorre su una serie senza sosta di alterazioni dei tipi e dei corpi tipografici che suggerisce le più svariate possibilità di porgere la voce, dai fortissimi ai pianissimi, in un autentico sistema di notazione per la voce (fig. 6). In un manifesto Marinetti aveva pure previsto l'uso del colore che poi in effetto usò nella cosiddetta "Litolatta ovvero parole in libertà futuriste olfattive tattili termiche" (1932).

Tra gli altri futuristi che si distinguono per l'interesse che portano all'aspetto iconico della parola, troviamo Balla, Buzzi, Jannelli, Boccioni, Carrà, Cangiullo, Depero, Soffici e molti altri.

I pochi esempi di Balla sono interessanti per la resa grafica del rumorismo come la macchina tipografica (1914) (fig. 7) oppure la "Sconcertazione di stati d'animo, sintesi teatrale" ove 4 persone diversamente vestite compiono sulla scena contemporaneamente diversi gesti e diverse esclamazioni (fig. 8).

Guglielmo Jannelli, soprattutto nei poemi pubblicati su "Lacerba" nel 1914 come "Manovra di notte moderna", si rivela il più rigoroso esecutore dello stile parolibero marinettiano e, come nel Cangiullo coevo di "Fumatori" e "Serata in onore di Yvonne" introduce all'interno delle sue parolibere figure di calligramma che non saranno ignorate dall'Apollinaire dei "Calligrammes".

E appunto il napoletano Francesco Cangiullo sarà il più conseguente nell'opera di evoluzione delle parole in libertà verso le cosiddette "Tavole parolibere". In "Piedigrotta" (1916) ogni pagina si fa tavola parolibera in se stessa compiuta, pure partecipando alla sequenzialità dell'intiero testo: ogni pagina è un'esplosione pirotecnica di trovate grafo-foniche in stretta analogia con la celebre festa napoletana (figg. 10 e 11).

Un manoscritto a 4 mani firmato Balla-Cangiullo "Palpavoce"(1914) raffigura, in uno spazio a tromba di scale, il passamano interpretato onomatopeicamente come filo conduttore del suono (trachea=passamano=palpavoce) (fig. 12).

Nel 1918 Cangiullo pubblica "Caffè concerto, alfabeto a sorpresa" costituito da una serie di numeri di caffè concerto realizzata intieramente con le lettere dell'alfabeto e altri segni tipografici, uno spettacolo di pura mimica tipografica nel comporsi di immagini costruite con sapienti e spiritosi raggruppamenti di lettere (fig. 13 e 14).

Infine, nel 1923 Cangiullo pubblica la "Poesia pentagrammata" dove coniuga la parola con notazioni musicali, sposando l'inflessione naturale del parlato con momenti di intonazione musicale, una sorta di sprechgesang sui generis (fig. 15).

Paolo Buzzi è l'autore de "L'ellisse e la spirale, film + parole in libertà" (1915), un libro costituito da una serie di calligrammi, ciascuno racchiuso in una sua propria figura geometrica, vuoi trapezoidale o pluritriangolare o circolare o a parabola e conclusa con una ellisse. Se lo si vuole considerare un romanzo, certo si tratta di un romanzo per immagini verbali di tendenza violentemente anarchica, un acuto contrasto tra la rigidezza iconica e il caotico sovvertimento verbale (fig. 16).

In "Rarefazioni e parole in libertà" (1915) Corrado Govoni fonde elementi futuristi quali l'introduzione dell'estetica della macchina con un personale uso delle parole in libertà fatto di inserzioni di episodi a calligramma ("Mendicanti", "Pecore", in "Pallone frenato", oppure "Fresca fucileria della pioggia", "Mare" in "Paesaggio + mare = primavera") con stilemi crepuscolari ovvero con frusti armamentari da "buone cose di pessimo gusto" e ripiegamenti intimistici o interni antiquati e polverosi come in "Camera sentimentale" (fig. 17).

Con alcuni altri testi visuali pubblicati su "Lacerba" nel 1914, il volumetto "BIF § ZF + 12 simultaneità e chimismi lirici" (1919), Ardengo Soffici presenta il proprio contributo alla iconicità verbale parolibera. Forse le due pagine più tipiche sono il "Buffet di stazione" e "Tipografia": in questo testo quattro gruppi di lettere e segni tipografici buttati alla rinfusa sulla pagina sono commentati da una sorta di inno all'arte delle stampa (fig. 18).

Il pittore Fortunato Depero, nel libro-macchina "Depero futurista" (1927) e nelle "Verbalizzazioni astratte" dà alle tavole parolibere futuriste una compattezza plastica ove il dettato è costruito graficamente in precise forme geometriche (fig. 19)

Dei calligrammi futuristi di Pino Masnata abbiamo già parlato al capitolo Calligrammi. Così pure di quelli di Nelson Morpurgo ( "Il fuoco delle piramidi" 1923).

Qualità inedita possiedono le "Tavole panoramiche" (dal 1924 in poi) del triestino Bruno Sanzin ove l'alfabeto viene usato per costruire con pochi tratti un paesaggio: ad esempio in "Case" le 4 lettere che compongono questa parola sono sufficienti a raffigurare un caseggiato e così pure per quanto riguarda le panoramiche "Treno che esce da una galleria" o "Albero". (fig. 20).

 

 

Lo zaum

 

In Russia, Aleksej Krucenych, uno dei due creatori dello "zaum linguaggio transmentale" ci ha lasciato numerosi libri scritti a mano ove suoi poemi zaum sono collocati accanto ad interventi di pittori amici quali Malevic o Olga Rozanova ("Pomata" e "Esplodità", 1913) (fig. 21 e 22).

Il poeta Vasilij Kamenskij nel periodo 1914-17 ha creato una piccola serie di interessanti "Poemi in cemento armato" vale a dire composizioni verbali costruite a gruppi di parole inseriti gli uni negli altri come in un quadro del periodo analitico cubista: così in "Costantinopoli", "Aerodrom", (1914) o in "Tango con le mucche", "Sole" e "Tiflis" (1917), queste ultime composizioni più libere nella struttura. Tali testi si potrebbero definire dei microcalligrammi intessuti uno accanto all'altro (figg. 23, 24, 25).

Un altro autore russo che ha sviluppato lo zaum è Iliazd (Ilia Zdnavevic), con testi polifonici di accordi e dissonanze verbali resi graficamente in terse strutture ove i momenti a più voci sono realizzati con lettere sovrapposte: così nella 'dra' (dramma) "Asino a noleggio" del 1919 o in "LedentU come un fAro" del 1923 (figg 26 e 27).

 

 

Le figure del nonsense e il protodada

 

La frequenza del paradosso nell'invenzione verbale tra la seconda metà dell'800 e il principio del '900, caratterizza la vena irrazionale che percorre la letteratura inglese vittoriana come reazione al conformismo dominante. Lo stesso avviene in Germania nei confronti del gusto Biedermeyer e in genere del positivismo.

Il paradosso si attuò nelle forme del nonsense non solo ad opera di Edward Lear ma pure di molti autori tedeschi quale forma di celebrazione della logica dell'assurdo. Né va scordata l'opera di Lewis Carroll, logico matematico e scrittore per bambini. Si tratta di una tendenza che può presentare analogie con la fatrasie francese del '200 o con lo stile burchiellesco italiano (vedi glossario alle rispettive voci).

Carroll è anche l'autore del famoso calligramma della coda di topo in "Alice nel paese delle meraviglie" e di quel calligramma mentale che è il Gatto del Chesire che lentamente scompare tranne che per il sogghigno. Di assoluto rilievo è poi la fantasmagoria verbale del Jabberwocky (capitolo I di "Trough the looking-glass and what Alice found there" (1871).

In Germania, autori simili sono Paul Scheerbart e Christian Morgenstern. Di quest'ultimo segnaliamo il "Fisches nachtgesang" ("Canto notturno del pesce", in "Galgenlieder", 1905) ove  l'autore sostituisce ai versi il corrispondente schema metrico della quantità prosodica a cesure brevi e lunghe, muta fonetica del silenzio visualizzato: "I pesci sono muti e il loro canto non potrà esprimersi che con segni  muti" scriverà Morgenstern (v. glossario alla voce "La parola assente").

 

 

Dadaismo

 

Le figure del nonsense, del grottesco e dell'assurdo sfociarono nel dada, nato non a caso a Zurigo, nella neutrale Svizzera da parte di autori transfughi da ogni parte d'Europa a causa di quella immensa assurdità che fu la I guerra mondiale. L'incongruenza dell'essere si fa tema centrale di una cultura internazionale che adotta il gesto incoerente quale emblema ultimo ed estremo (figura 28).

Dada è stato un movimento da principio sotterraneo ed elusivo che a poco a poco produsse una estetica negativa tutt'ora dominante.

Nasce la "Poesia latente" di Tristan Tzara (figura 29) realizzata con collages di frammenti linguistici o di frasi fra di loro incongruenti, come "La première aventure céleste de Monsieur Antipyrine", 1916, e i "Vingtcinq poèmes", 1918. E nasce pure la poesia fonetica con Hugo Ball (figura 30), Raoul Haussmann (figura 31) e Kurt Schwitters.

Il dadaismo apparve come una meteora, prontamente fagocitato dal surrealismo. Ma aveva ormai mostrato che non ci sono più regole e il suo sottile acido tuttora corrode ogni valore. Dal punto di vista dell'iconismo poetico il dadaismo ha sviluppato a fondo le possibilità del collage (figura 32) quale spazio entro il quale svariate possibilità verbovisuali possono gareggiare tra di loro pur rimanendo forte il grado di ambiguità semantica. Altra importante rivelazione è quella offerta dalla azione del caso nella costruzione del testo, vedi i successivi sviluppi aleatori nel secondo dopoguerra di John Cage in musica, Re Merce Cunningham nella danza e Jackson McLow in poesia.

 

 

Lettrismo

 

A presupposto della nascita del lettrismo, nella "Introduction à une nouvelle poèsie et une nouvelle musique" (1947), Isidore Isou, fondatore del movimento, pone la seguente riflessione: "Baudelaire aveva elaborato il concetto di 'specificità' della poesia separandola da attività quali l'eloquenza, la moralità, la filosofia, lo psicologismo, la storia, la politica; spogliata di tutto ciò la poesia è puro incanto e sensualità astratta nella perfezione musicale dello stile e nell'esattezza 'matematica' della metafora. Secondo Isou, Baudelaire inaugura la fase poetica della 'cesellatura' - termine che richiama quello di 'ornamentale' di ascendenza critica russa - all'interno di un processo di approfondimento intrinseco. Verlaine, Rimbaud, Mallarmé, secondo Isou, porrebbero delle "précisions", cioè delle distinzioni. Verlaine vuole ridurre la sensazione a puro suono: "de la musique avant toute chose"; Mallarmé ci darà non l'oggetto ma l'effetto che esso produce come le ninfe elusive per il fauno ovvero l'assenza: "Aboli bibelot dinamité sonore". Valéry, allievo di Mallarmé, rinuncia ad aspirare alla perfezione e si pone il problema del processo poetico tentando di fissarne la fluidità concettuale e accettandone la dissipazione.

Per Isou, Baudelaire trascura il contenuto per la forma, Verlaine abbandona il poema per il verso, Rimbaud distrugge il verso per la parola, Mallarmé la condensa in un ossessivo processo di contrazione degli elementi di senso, di riduzione al puro significante, Tzara distrugge il senso ed inaugura l'evento fortuito nella poesia alogica. La poesia-parola si autodivora, va verso l'astrazione musicale e, sempre secondo Isou, dalla crisalide della parola morta si libera il puro fonema.

La forma glossolalica che ne nasce, la poesia lettrista, si approprierà non solo dei fonemi dell'alfabeto ordinario, ma anche dell'insieme costituito dall'alfabeto fonetico internazionale con l'integrazione di molti altri suoni quali il respiro, lo schiocco delle labbra, lo sbadiglio, il colpo di tosse, la pernacchia ecc. aprendo tutta una ricerca sulle vibrazioni dell'apparato fonatorio cosa del resto già preannunciata ne "L'arte dei rumori" di Luigi Russolo (1913).

D'altra parte Isou pur non essendo di per sé un buon performer, pretendendo che i poemi lettristi fossero declamati in pubbliche audizioni, riaprì nell'immediato secondo dopoguerra il discorso sulla poesia sonora che era già stato inaugurato dai simultaneisti francesi, dai futuristi italiani e poi russi e dai  poeti fonetici dada del Cabaret Voltaire.

Portando alle estreme conseguenze l'enunciato di Isou, per il quale la radice del lirismo trae origine dal grido inarticolato, gli ultralettristi Jean-Louis Brau, Jill Wolman e soprattutto François Dufrêne proclameranno l'avvento del cri-rythme ovvero improtus di esasperazioni fonematiche. Ricordiamo qui che già Apollinaire nella poesia "La victoire" aveva scritto: "O bouches, l'homme est à la recherche d'un nouveau langage auquel le grammaire d'aucune langue n'aura rien à dire…on veut de nouveau sons… de consonnes sans voyelles, des consonnes qui pètent sourdement…".

Altra proposta di Isou sarà quella di una forma musicale costruita sulla voce umana non intonata nel canto, ma naturalmente parlata, ove la recita stessa si fa esecuzione anche musicale. Così ad esempio Jacques Spacagna presterà la propria voce 'rocailleuse' per una messa del musicista concreto Pierre Henri. Così Henri Chopin sarà autore degli "Audiopoèmes" fitta e densa pasta sonora composta di un gran numero di sovrapposizioni di rumori prodotti dalla bocca e dal respiro.

Altra idea di Isou sarà quella del "Poema afono" "On fait du silence una matière à travailler", ciò che sarà momento di riflessione per l'americano John Cage.

Proponendo sin dagli esordi del movimento la "ipergrafia lettrista", dominio di tutte le scritte esistenti o da inventare, Isou ci ha dato curiose esperienze di "romanzo metafisico" sorta di scrittura a fumetti ed eccellenti esempi grafo-pittorici come i "Commentaires sur Van Gogh" o "Les entretiens avec Jean Cocteau" e in cui si cimenteranno pure altri autori tra cui il lettrista Maurice Lemaître.

Figura 33: Isidore Isou "Jonas, ou l'âme à la recherche de son corps", 1982

Figura 34: Isidore Isou "Sonnet Infinitésimal n° 3", 1958

Figura 35: Roland Sabatier "Erreur n° 24", 1963

Figura 36: M. Mendès-France, Roberto Altmann, Micheline Achette, Roland Sabatier "Ipergrafie"

Figura 37: Jean-Pierre Gillard "Salo tito parce que tati", 1967

Figura 38: François Dufrêne  da "Cantate de mots camés", 1977

Figura 39: Jean-Louis Brau "Rimbaud revisité", 1960

 

 


 
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