GRAZIA ED ELEGANZA NELLA POESIA DI AIDA ZOPPETTI
L’airone è lo specchio poetico di quella figura di Giacometti, così come le giraffe (con le gambe divaricate per poter brucare l’erba), sono lo specchio di quelle ballerine classiche di Degas, intente nei loro difficili e dolorosi esercizi alla sbarra.
La conferma della bellissima “verità” insita in queste analogie, la loro prova del nove, ci viene dalla certezza che qualsiasi minima forzatura o incongruità negli interventi di Aida, apparirebbe subito come una insopportabile e orribile stonatura. E questo non avviene proprio mai.
Ma anche abbinamenti - come quello della lucertola che scosta il codice a barre come un tempo si scostavano quelle tende metalliche alla soglia dei bar – ci fanno sorridere per il piacere e la riconoscenza di ritrovare finalmente uniti e appaiati due simboli che, a nostra insaputa, ma nel nostro subconscio, si erano dati appuntamento da tempo. Perché proprio una lucertola e non un cane, un orango o un cavallo? Non so. Dovrei chiederlo ad Aida, ma certo, ora, vedendola scivolare oltre quella cortina di ferro (ricordate quelle tende dei bar fatte con i coperchi metallici e schiacciati delle bottiglie?), la lucertola mi pare perfetta. Proprio giusta.
Che dietro questa immagine esilarante ci sia il gioco di parole di codice a barre, dunque di “barre”, e “bar”?
Così come c’è un gioco di parole tra i “RANuncoli” e quelle raganelle che oscillano al vento come i fiori di un prato.
Sui giochi di parole sono create quasi tutte le poesie lineari di Aida che, nella scrittura e nel linguaggio, sembrano assolvere allo stesso compito delle analogie nelle poesie visive. Così l’autrice, scegliendo di prendere il linguaggio alla lettera come in: «“Che il tempo passi!” L’avesse trattenuto/ non sarebbe passato un singolo minuto…», in soli cinque versi, con l’aiuto di certe rime a incastro, riesce a passare magicamente dal tono scherzoso dell’attacco (che ho appena riportato), a un’immagine lirica e straordinariamente “alta”: «non un istante, un lampo; il roditore/ alzò la testa, sorrise compiaciuto./ Rose le ore, bianco il silenzio, muto».
Deliziano il “roditore” che “rose le ore” e mangiucchiandole, le trasformò in rose. Mentre un muto, bianco silenzio non poteva che approvare felice e avvolgere il tutto in una silente, eterna perfezione.
In Appen dice guizza una seconda lucertola di nome Luce che « a pas de deux danza lungo il muro » e, pur non sapendo quanto le lucertole siano care ad Aida, né quanto le consideri simboliche del proprio lavoro, mi piace identificare la grazia, la levità e la velocità di quello spiritello verde con le doti più fresche e più felici della sua poesia: « - luce sul far di questo giorno -/ fa un passo avanti e un altro di ritorno ».
Aida M. Zoppetti è nata a Bergamo, dove risiede.
A metà degli anni '70 ha fondato e diretto con Gualtieri
e Pitozzi la
rivista di poesia e sperimentazione visiva "North". Scrive su periodici
letterari italiani e stranieri. E' apparsa in numerose antologie di
letteratura contemporanea. Suoi testi figurano in Tracce, Tam Tam, Lettera,
Anterem, Aperti in squarci, Salvo Imprevisti, Théâtre du silence,
El Bagatt,
L'area di Broca, Thesis, Risvolti, Il Verri.
Ha pubblicato "Una coltivazione di forme"
e "Di Lama e di Luna" per le
edizioni Anterem, "Generation of Vipers" Signum Edizioni d'arte,
la
plaquette: "Piume, poesie visive e volatili" Dialogo Libri. E' in
corso di
pubblicazione:"Messieurs, mettez du blanc dans l'ombre" Ed. Alla
pasticceria
del pesce, collana diretta da Claudio Granaroli.