da Testimonianze
in Giuseppe Pau
Poesie
1999
1.
Ma chi è sortito anche solo per un att/imo dall’anonimo e dal
pietrificato (…) appartiene alla Morte, perché appartiene alla
Vita. Appartiene al diàstema, al gioco, al giogo, al logo che le separ’unisce,
in un con-iugio di luc-ombra, di ben-male; in breve di qualsiasi duellante
affrontamento: Bello è il duello, la “duellità”
d’onde si sprigiona – come dal sasso o dalla nube – la saetta
della co-scienza; il duello inter’esterno che ci omologa ai Gemelli,
castore/Polluce, il duello per cui vita/morte si perpetuano –e-trasmutano-e-trapassano-in-eterno-l’una-nell’altra-in-con/sapevoli
/ inconsapevoli sponsali.
Antonio Agriesti
2.
Non so se Peppetto Pau, in considerazione delle sofferenze patite negli ultimi
anni della sua vita terrena, abbia saltato a piè pari il “II
cerchio” o se egli sia lì nell’acquisizione diretta del
suo Dante. Ne aveva tale coscienza che l’abbuono divino, anche se motivato,
l’avrebbe deluso: privato del saporoso incontro con tanti “insospettabili”
amici.
Non sarà comunque, questa obbligata tappa verso la luce a umiliarlo
più del patito esilio dalla sua Terra, delle stringhe ai polsi del
Brotzu di Cagliari e della totale dimenticanza nella quale è caduto
dopo la sua morte.
Peppetto era tutt’uno con la sua Terra. Uno di quei rari “geni”,
inquieti, atemporali, chiamati a esserne testimoni e custodi. (…)
A dieci anni dalla sua morte l’usignolo dolce ardente del Sinis giace
dimenticato.
“Essere dimenticato”: era il presentimento che ha abbuiato gli
ultimi anni della sua vita terrena. “Son qui, nella palude, dove mi
son fermato ad imputridire come un fassoni” – scriveva all’amico
poeta Antonio Agriesti di Milano – “che sarà di me? Delle
mie cose? Di quanto ho scritto? Ricordi il grido di Brunetto a Dante nella
bolgia infernale:”siete raccomandato il mio tesoro nel quale io vivo…”.
Le stesse parole, in questo De profundis oristanese io rivolgo a un amico
lontano.”
Antonio Amore
3.
Con questo modesto libretto, volutamente stampato su carta paglia, supporto
effimero per parole che comunque “si stagliano come epigrafi incancellabili”,
come ha scrittto Gillo Dorfles, ho pensato di rendere al compianto Amico e
Poeta, un segno affettuoso e ammirato.
Giuseppe Bosich
4.
Solo chi ha contemplato gli stagni marini di Oristano, colorati dal volo dei
fenicotteri; chi ha percorso le grandiose silenziose rovine di Tharros; chi
ha sostato nella quiete romanica di santa Giusta; chi ha assistito al misterioso
rituale della sartiglia … e chi – soprattutto – ha passato
qualche ora nell’atmosfera magica della casa – gremita di pezzi
di scavo, di ceramiche, di piante – dove vive, pensa e crea Peppetto
pau, può apprezzare appieno l’intensa e lieve melodia di queste
sue recenti composizioni poetiche.
Poesie che sono insieme meditazioni attorno a una vita vissuta a contatto
con gli uomini e la natura, e rappresentazioni quasi pittoriche ricavate da
una percezione acutissima, mai stanxca di afferrare I bagliori delle stelle,
di osservare il corso delle stagioni (…)
Gillo Dorfles
5.
Poeta italianissimo. O meglio mediterraneo. All’incrocio dei grandi
miti smarriti già per Omero. Mas il cui sovvenire inconscio è
rimasto, e funziona come valori o riferimenti, costanti e convenzionali.
In Omero e in Virgilio, in Kavafis e Alberti, Lorca e Schehadé, Ungaretti
e Seferis. In più, in Pau, un profumo di estraneità, che proviene
dal fatto che è un sardo. Cioè di una zona molto più
aspra (abrupte) e misteriosa (…)
L’oggetto non è simbolo,
emblema o allegoria.
L’oggetto è l’oggetto: un serpente è un serpente.
Non il Male. Perciò egli conosce le pietre per nome, gli alberi per
nome. Non è tra quelli che dicono “un albero” o “un
uccello”. Ogni oggetto ha il suo nome. (…)
Poesia cosmica non è poesia di grandi spazi. Ma l’affioramento,
risorgenza della totalità nel minimo oggetto.
Franc Ducros
a cura di Antonio Agriesti
G. PAU (Oristano 1915-Cagliari 1989). Esordì nel mondo
letterario con la pubblicazione di alcuni racconti sul La Fiera letteraria
e L’illustrazione italiana nell’immediato dopoguerra.
In quel periodo Pau diede la propria collaborazione alla emittente radiofonica
Radio Cagliari , che trasmise una sua serie di conversazioni sui
poeti simboliste e alcune sue opere drammatiche.
Alla narrativa e al teatro G. Pau affiancò la produzione poetica, che
restata per lunghi anni geloso segreto, fu presentata in un fascicolo del
Convegno del luglio-agosto 1969, dedicato all’opera letteraria
di G. Pau.
L’attività dell’Autore non conobbe soste, esplicandosi
in un crescendo di libri ed articoli su riviste locali e nazionali. Il suo
libro più fortunato, Sardegna nel Sinis, giunto alla terza
edizione, è un itinerario religioso-poetico sulle orme della natura
e della storia, di un fascinoso lembo di Sardegna, il Sinis.
G. Pau, che fu direttore del Museo di Oristano (Antiquarium Arborense) per
oltre un quarantennio, scrisse anche libri di carattere storico (Quattro
note storiche sullo stemma della IV provincia, 1980; Viaggio fotografico
in Oristano dal l800, 1982; Oristano e il suo volto, 1986, con
V. Mossa) e demografico: La Sartiglia, 1984 e 1987; ma il suo amore
lo riportava sempre alla prediletta attività di narratore e di poeta:
diverse liriche apparvero nella rivista cagliaritana La grotta della vipera;
presso la casa ed. S’Alvure furono pubblicati tre poemetti: La gente
rossa, 1982; S. Francesco, 1983; La città morta, 1985
e le cartelle corredate da opere d’arte Libellule scarlatte,
1988, Il galoppo delle stagioni, 1988 e una poesia nella cartella d’arte
Vizi e Virtù, di VV. AA. Ill. da vari.
Il volume Poesie infine raccoglie tutte le liriche inedite reperite
(con una splendida introduzione di F. Ducros).
Il fascino della sua opera sta nella straordinaria forza evocatrice della
sua parola, che riscosse in anni lontani l’ammirazione di Gabriellino
d’Annunzio, il figlio di Gabriele, e del grande En+rico Emanuelli. A
Peppetto Pau fu conveniente l’elogio che Dioniso nelle Rane di Aristofane
rivolge ad Eschilo: egli fu Bakcheios anax, il signore dionisiaco,
che conobbe, nell’intuizione di Nietzsche, la segreta forza consolatrice
della Poesia.
G. PAU, La Gente Rossa ed. S’Alvure, Oristano, 1982; IDEM, Quattro notizie storiche per la provincia di Oristano 1980; IDEM, Il Sinis, ed. della Torre, 1981. Ill. a colori, con ampia bibliografia. Successivamente rist. a cura dell’Ente provinciale del turismo; IDEM, La città morta, ed. S’Alvure, Oristano, 1985. (Poesia, composta nel 1964); IDEM, Un canonico arborense pontefice? Ed. S’Alvure, Oristano, 1985; Il galoppo delle stagioni (poesie), ed. S’Alvure, 1988 (a cura di G. Bosich). Con 12 litografie in b. e n. e a colori di 12 autori diversi, pref. di G. Dorfles, note critiche e bibliografiche di R. Zucca; IDEM: partecipa con una poesia (Lussuria) alla cartella d’arte Vizi e Virtù (a cura di G. Bosich), Edizioni S’Alvure, 1990; IDEM: partecipa con un racconto (Il ladro e le anime del purgatorio) al vol. di AA.VV. Grillincubi (a cura di G. Bosich). Presentazione di G. Farris. Op. ill. con calcografie originali di vari autori. Ed. C.D.E., Nuoro, 1994; IDEM, Poesie, Ed. Tipografica artigianale, Oristano, 1999. Ill. di G. Bosich. Presentazione di Franc Ducros, con alcune testimonianze di A. Agriesti, A. Amore, M. Bua, G. Dorfles, B. Lutzu, M. Zucca, F. Martinez, G. Uda. A cura della Associazione nazionale Amici dell’Arte di Ghilarza (OR); IDEM, Racconti, Ed. C. Delfino, SS, 1999. A cura di A. Agriesti; IDEM: partecipa con un racconto a Generi alimentari, di AA.VV. Ed. Grafica Mediterranea, 1999. Ill. di G. Bosich, G. Crepax e altri (in b. e n. e a colori).
1 bibliografia e nota biografica di Raimondo Zucca, quest’ultima
in Poesie di G. Pau, a cura dell’Associazione Amici dell’Arte,
Ghilarza
Ghilarza 1999
“MA A CHI REGALERO’ LE CONCHIGLIE SE RITORNERO’ TRA GLI UOMINI?”
UNA BREVE ANTOLOGIA POETICA
+
audio in automatico
ma a chi + but whom
Dare la locandina pubblicitaria
Da La poesia di Peppetto Pau
presentazione di Momo Zucca
letture di Gianfilippo Uda
Dromos festival 2003
Oristano 24 settembre 2003
1. Lunghe onde si avventano
Lunghe onde si avventano
contro banchi di alghe.
Io fiuto il profumo dei pini
macchia verde
verso la torre solitaria
e raccolgo valve rosse di arselle
murici bianchi
ricci violetti
che schioccano
nel cavo delle mie mani
e fischiano
e hanno voce e odore di mare.
In me pulsa
l’anima dei Tritoni.
Scorre nelle mie vene
il sangue forte
di deità marine.
Ma a chi regalerò le conchiglie
Se tornerò tra gli uomini?
2. Non so più il nome dei mesi
Non so più il nome dei mesi
ma porto negli occhi
il colore dei fiori.
L’anima mia è profumo
amaro di prunella.
E’ stupore di un sentiero
tra rovi secchi che sfocia
sotto il verde di un pino
in un mare d’ulivi.
Che nessuno colga
i primi ranuncoli azzurri.
Lasciate morire le orchidee di velluto
di miele e d’avorio.
Non parlate guardando le pervinche.
Forse è primavera.
da Poesie 1999:
dare la copertina del libro
1. Cercatore di lumache del Sinis
+ profilo dell’illustrazione di Bosich a pag 28 di Poesie
Cercatore di lumache
nelle lande del Sinis,
quando il sole arroventa i basali
e la tarantola nera è immobile
sotto la zolla,
le tue mani martoriate
frugano tra rovi e palme nane.
Crepitano le lumache nella sacca
come collane di perle
sotto le dita
delle fate della collina.
Le fate che un giorno
trascorrevano fino al mare
tra sguardi attoniti di capre
su cocchi di cristallo
trainati da volpi rosse.
L’uomo dalle mani nere
più non incontra
le anime salmodianti
che a toccarle si fanno di sasso
e aspettano mille anni
sotto i macigni e le ferule.
Le ingrate ferule,
candelabri d’oro senza fiamme
a radunanze notturne di streghe
su tartarughe nere.
Le streghe adorne
di monili di scorpioni
e diademi di ragni.
E’ morto il popolo tenebroso
delle colline del Sinis.
E’ morta
la teoria degli spettri meridiani.
Quando il sole arroventa i basalti
striscia
l’assetato cercatore di lumache
e si abbandona sui sassi.
I raggi del sole
trafiggono le tempia
come gli aculei
della corona di Gesù sul Golgota.
E vede in sogno una foresta verde
ascolta in sogno un mormorio di fronde
cammina in sogno sulle foglie morte
sulle morbide felci sui germogli
delle calle carnose.
Da una rupe lucente di granito
un nastro di rubino
scende e ribolle.
E’ vino.
L’assetato v’immerge tutto il volto
e morde intanto
la terra brulicante di formiche.
2. Cammino lungo sentieri
Cammino lungo sentieri
intrisi di pioggia
e nel silenzio mi ascolto.
Piango l’estate
della mia terra che dorme
un breve sogno
sulla soglia dell’autunno.
Ma un giglio
è sbocciato sulla sabbia
scarlatto come il sangue della lepre.
E vive trionfale e solitario
nel crepuscolo delle stagioni.
O tu che passi
non cogliere il giglio solitario
se non hai forbici d’oro.
3. Era il mio tempo
Era il mio tempo
e il cuore
ardeva come un fuoco di sarmenti.
Questo è il tuo.
Alla fiamma
scaldo solo le mani
e nel silenzio piango
il passare dei giorni.
Fermati sulla soglia
della tua sonnolenta adolescenza
e sorridi con gli occhi
mentre scendo
verso la nebbia.
4 Vorrei che questa notte
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Vorrei che questa notte,
la più lunga dell’anno,
mi lasciasse dormire
un sonno senza sogni
e l’alba mi dicesse di restare,
ad occhi chiusi nel tiepido torpore,
fin quando l’Oriente è una lama infocata
e gli alberi lucenti di rugiada
lasciano cadere le gemme sulla terra
e gli uccelli sussurrano
il canto del mattino.
Questa sera vedrò calare il sole
dietro i banchi di nubi d’Occidente
e la soffusa chiarità del cielo
getterà un trepidare di luce
nel tenebroso lago del mio cuore…
Un bagliore,
un afflato d’infinito
dove l’anima smarrita
si conforta ritrovando
i volti più noti e più cari
per ripetere ancora:
Non mi lasciate.
No.
Non mi lasciate solo.
Peppetto
Natale 1987 -21 dicembre