La tartaruga tra le popolazioni primitive era considerata spesso un dio dai grandi poteri magici: gli indù veneravano "Kassyapa" (l'uomo tartaruga). Nella mitologia indiana "Matsya" è il simbolo della primordialità della vita. Il grande animale è raffigurato mentre regge l'universo, città viste dall'alto, con immagini mitiche al centro. La ballata della tartaruga o dell'uomo tartaruga con l'immane peso sulle spalle, ruota attorno ad un'unica parola: l'anagramma dialettale "ratagura", in un crescendo di fonemi e sillabe, con varie afonie ("euf... streu, streuf..."). Spicca il suono dentale secco della bocca della tartaruga e la fatica del rettile umano che ansima in dialetto: "Teut el mund de súra", motivo ricorrente dopo forti scansioni metriche sillabiche ("stei- toh-thor...").Affiora quindi, appena accennata, una voce fuori campo: l'oste chiede in dialetto il tipo di spuma (chiara o scura?). Tutto d'un fiato la tartaruga riafferma il suo essere ("Me-sum-rata-gura..."). Seguono accelerazioni sincopate e la marcetta finale ("yes, cias, ciash..."). Il canto poi declina (ura, ura...) e riprende piano dalla "t", molto piano ("me ruh...) e conclude col pianissimo. II suono si chiude.


Alberto Mari                                                            da Pasotelli Serraglio

 
 
 
 
 
 
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