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Per quanto predatore e nocivo,
il clandestino topo in alcune zone orientali simboleggia la prosperità,
per i greci era un dio del raccolto. In India è riconosciuta la
sua intelligenza e la sua astuzia, la cavalcatura di "Ganesha",
il dio elefante, è appunto un topo. Un labirinto di vita sotterranea,
la gente e i topi, animali delle tenebre. Un ricordo di rifugio di guerra...
"Krist" all'avvio è quasi una bestemmia alla tedesca.
Nel metrò c'è grande fermento ("Che cos'è questo
rumore? Che cos'è la guerra? Was ist Krieg?" alla tedesca).
Le risposte rimbalzano ovvie ("Questo è questo", "La
guerra è la guerra"). "Com'è tetro questo metro"
si agitano forsennati i topi, chiamandosi per numero (in dialetto: "siamo
solo dei numeri. Andiamo!"). Passi e chiacchiericci scanditi ("dum,
dum, dum... balaleu, balaleu..." derivazioni dialettali del verbo
andare). Vanno su e giù i topi e la gente ("Quanti lampi stamattina!"...
Siamo foto
lampi foti
topi foto
). Gioco del lampeggiare
delle macchine delle fototessere. La frenesia ("Io pompo"...
"Io succhio" ... ) sfocia nella "pappata" nella fogna.
La vita dei tapini, dei pendolari. "Va bene tutto" ("Alles
gut" alla tedesca). Si diceva in tempo di guerra. "Com'è
buio questo buio"... "Bombo, bombo..." (gioco sincopato
di parole) si chiude col rodere del topo che mangia la vita. Aleggia un
ricordo di topi che invadono la bottega di un droghiere: "Prendi
il topo, ammazzalo!" ("maza el rat" dialettale). Un topo
viene schiacciato. Nel suono sgraziato di morte, stride la rotaia del
metrò. Dall'annuncio ferroviario MM i topi si rendono conto di
essere controllati. Da qui la sfida: "Razza ratta non perdona"
(in pratica "noi che siamo topi di razza, continueremo a vivere mangiando
e rodendo"). Come volevasi dimostrare il rifugio è il metrò
("come quando fuori piove"). Nell'inseguimento un topo ferito
viene aiutato dagli altri solidali. I topi fuggono ammucchiandosi nelle
gallerie del metrò verso l'apologo finale. Alberto Mari da Pasotelli Serraglio |