Giuseppe Bosich (Tempio Pausania, Sardinia, 1945). Self-taught painter, etcher, sculptor, he teaches calchographic and painting techniques. His atelier is in Ghilarza. His first show (in a total of 500) was mounted up by Rossi-Roiss in ‘67. He studies chalcography (’65 with Piacesi and Leoni), painting with Dalla Vigna, in Milan, where he met also P. Waldberg, M. Henry and I. Kodra. In the Eighties Bosich illustrates Agriesti’s Il volo della far/falla, Poesie Nere, Micromitologie and Il Corvo (by Poe) and contributes to Humor Graphic; a Catalog of his graphic works and sculptures is published (by Modesti); he edits and illustrates Libellule Scarlatte and Il galoppo delle Stagioni (by G. Pau, the genius loci of Oristano); Naitza’s essay on his Sculture is published. In the Nineties Bosich edits Vizi e Virtù, Lo Zodiaco, Tarocchi and Grillincubi (portfolios) and writes Il buco in gola; illustrates Bua’s Il Bestiario di Sandaliotis, Il Riso dell’Ornitorinco, and Pau’s Poesie; Margonari’s essay on Pitture is published. ON DECEMBER 17TH 2001 the artist’s STUDIO IS DESTROYED BY FIRE AND A NEW ARTISTIC PHASE BEGINS.
 
An important essay on Bosich (by Fanari, Sirena and Agriesti) is published in 2003 and it can be read online. A lot of literature by many important authors is available (V. Accame, A.Agriesti, W.Aldrovandi, A.Amore, B.Bandinu, M.Brigaglia, R.Brindisi, M.Bussagli, E.Contini, D. Cara, G.Dorfles, L.Fadda, C.Gentile, G.Gentile, R.Margonari, R.Modesti, R.Sanesi, R. Zucca). >
 
Studio: v. Bernardino Sotgiu 14, Ghilarza (OR)
“Inquieto mi aggiro
entro me stesso
cercando l’Uscita”…..
Antologia
Un buco tondo gli era rimasto in gola, là dove prima aveva il pomo. Adamo aveva consentito ad Eva di estirparglielo. Da allora il pertugio era abitato da un gran soffio vaporoso, che creava continue correnti d’aria tra la bocca e la gola e le narici... Il soffio lo penetrava sino al cuore e ne usciva rantolante, facendolo vibrare alla maniera di un flauto. Dal buco era possibile intravedere nell’interno la sua natura tubolare, dai colori porporini cangianti. Accostandovi l’orecchio si potevano udire risacche di onde marine dimenticate, come in una conchiglia.
*
Ogni giorno mi ritrovo dinanzi una figura spaurita, allucinata; guardandola ne derivano le invenzioni, le aberrazioni. Ricerco intensamente la ragione e ne raccolgo l’incentivo. Rappresento spesso la surrealtà con motivi che ostentano le mie voglie, le mie speranze. Dopo ogni liberazione mi ritrovo nel vuoto. Accumulo d’improvviso ancora sensazioni. Mi vedo riemergere in ogni dimensione.
*
Cercatore di asparagi
Quel pomeriggio mosso dal vento. Un vento alterno, impetuoso. A
tratti un po’ brezza. Poi ancora ribollente, più a
lungo. Le nuvole correvano guizzando nel cielo plumbeo. Fra gli
squarci ovattati i raggi del sole parevano fari da ribalta in moto
psichedelico.
Avevo cominciato ad arrampicarmi tra sassi e cespugli sulla collina
di Orraccu; nelle mani una roncola e un cesto intrecciato coi rami
d’un salice piangente. Arrancando a fatica tra i macchioni di
lentischio e gli olivastri spinosi frammisti agli arbusti di
biancospino già con le bacche rinsecchite di color cinabro
spento, cercavo; malgrado il vento cercavo me stesso punte
d’asparago. In questa natura forte e vibrante, inebriato dagli
intensi profumi in turbine, scrutavo l’anima dei cespugli, per
carpirne fili verdi per la gola… in quello spazio libero,
nell’ascesa, mi spingeva determinato, l’impulso a
confondermi, ad annullarmi… purificarmi nella natura,
rigenerarmi.
Cercavo, con l’affanno dell’obeso, i fermenti vegetali in
quella terra pietrosa, con la brama analogica della fame immateriale.
Annaspando tra le orme. Strascicando. Urlando nelle mie caverne il
disappunto.
Solitudine infinita tra moltitudini ululanti.
*
Arriva il dire. Arriva sino in gola. Affoghi.
Ho trovato la mia fossa; adagiandomi è un funerale. Ho visto
risorgere il mio fallo, librarsi
nella tua immensità.
Ogni anima è uguale al contrario, nel disperato guscio che
l’incavo allo specchio riflette!
Blatero incisioni dalla/nella carne, alla ricerca di un segno che
imprima col fuoco
il marchio nel vuoto.
La poesia aleggia come farfalla tra le fiamme, ove continuamente
muore.
Chi parla tradisce la sua ombra. Infrange nello specchio la sua ombra
e riflette la propria
natura solvente.
Lapis di grafite, anima nera, nel legno esagonale che ruotandosi
tempera, affina,
consuma. Il segno è nero. La mano lo impugna.
Nascono le forme del mondo delle idee. Il
corpo. È un’ombra
di cristallo incatenato alla pietra. Deglutisco lo spirito in un
singhiozzo.
La luce e l’ombra e il vuoto.
*
Fuori del tempo mi aggiro irraggiungibile a me stesso.
Dal labirinto un batter d’ali m’ascende.
Mi conservo nel mio sale.
E così tritagliuzzato sogno d’essere riunito in unico
costato, in un corpo gloriato. L’Essere
prorompente vuol
celarsi agli occhi cavi indifferenti d’altre aritmiche maschere
banali.
Celebrerò come testimone allibito in doppio petto scuro,
strettissimo, le nozze alchemiche dell’anima mia con Paolo da
Uccello.
Sulla croce di pietra senza rosa regalami allora un solo sorriso, che
mi derida alla memoria
e un po’ di fuoco crematorio che m’arda.
E’ il morto che scrive e non parla… annichilito nel suo
corpo… attende in apnea di
risalire in superficie; per
camminare sulle acque del Lete.
*
Anima.
Riprendimi in un bacio.
Lapis di grafite, anima nera
Nel legno esagonale che ruotandosi
Tempera, affina
Consuma.
Il segno è nero.
La mano lo impugna.
Nascono le forme del mondo delle idee.
Il corpo.
E’ un’ombra del cristallo
Incatenato alla pietra.
Deglutisco lo spirito.
In un singhiozzo.
*
L’egoismo muore nel silenzio davanti a Dio,
la speranza deve rinnovarsi
nel nuovo corpo del desiderio (mai più empio!)
e l’Amore impersonale metterà pace interiore
con tutto e con tutti
mentre all’esterno vincerà, combattendo per noi,
ogni guerra santa.
Testi liberamente estratti da “Il Buco in Gola”. Poesie e racconti, Nuoro, 1995. Presentazione di A. Agriesti (Nota: Il primo buco in gola compare nei primi anni Settanta, probabilmente a Milano).
Giuseppe Bosich
Questi due testi inediti appariranno nel prossimo libro di Giampiero Neri
Paesaggi inospiti all’interno della sezione Piano d’Erba
Di quella fontana stile novecento
che doveva durare
oltre le nostre vite
si è persa la traccia
morta con la sua epoca breve.
Era ridente nella sua rotondità
spensierata all’apparenza,
finita chissà dove.
A sentire il contadino
che guidava il carretto
l’asino era stato colpito
da una pallottola vagante.
Si era trovato sulla scena
di un crocevia conteso
negli ultimi sussulti della guerra
e come un eroe di Metastasio
vi era andato a morire.
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03   2008