Giancarlo Pavanello

Giancarlo Pavanello nasce in quella Venezia ove le vetuste mura delle abitazioni specchiate nelle acque dei canali, sembrano pagine e pagine d’un libro corroso da macchie scolorite, da crepe, da segni innumerevoli lasciati da fortuiti passanti, in action painting, in dripping, in texturologies, in cretti d’un Pollock, Dubuffet, Burri e tapies primordiali.
Osservando tale libro murale Pavanello lavora su una contaminazione tendenzialmente elusiva. Ed è, ad esempio, la “Poesia Manoscritta”, ove il lettore è indotto a individuare la presenza larvale delle singlossie, parola coniata da Rossana Apicella, incroci di linguaggi visivi e verbali, trascritte con segno rigido e denso ma leggibile e tuttavia a lenta deriva tendente a far naufragare il significato per continue sovrapposizioni di fonemi-grafemi sfrangiati, forse per nostalgia del magma inestricabile della pagina imperscrutabile delle origini.
“Rifiuto la nuova poesia aulica, le pseudo-versificazioni neo-classiche e quanto continua a essere rimasticato per fare da recinto alle tirature dei classici del XX secolo. Insopportabile l’inquinamento dell’anti-poesia logorroica”, scrive Pavanello. Così, per moto contrario, con la più recente “Poesia Laconica” Pavanello propone una estrema concisione espressiva in testi costituiti da un solo neologismo oppure associando due sostantivi e un aggettivo o un participio presente che fungono da catalizzatore in una composizione asintattica.
Oppure con altra soluzione appunto elusiva, scattando immagini fotografiche a carpire trasparenze, riflessi e graffiti d’un attimo metropolitano;
Oppure ancora a ritentare il libro con pagine-scatole gettate in un mucchio a caso.
Pavanello è senza posa intento a catturare un nesso significativo tra gli intervalli dell’hic et nunc e un passato immemoriale.

Arrigo Lora Totino, maggio 2006

nota bio-bibliografica

Giancarlo Pavanello, nato a Venezia nel 1944, risiede a Milano dal 1978. Le sue prime poesie sottratte alla distruzione risalgono al 1960, come i disegni segnici e le grafie enfatiche, mentre la Poesia Visualizzata (veri e propri testi calligrafici, con intenzionalità verbo-visive) inizia verso il 1972. La sua prima mostra personale, “dall’art brut all’estetica socialista” (Nuovo Spazio, Venezia) è del 1975. La seconda mostra personale, “alla scoperta dell’idoglossia semantica o pseudo-asemantica” (Il Canale, Venezia) risale al 1977.
Fino al 1989 espone esclusivamente libri d’artista o oggetti, in prevalenza in esemplare unico. Questa data segna un nuovo periodo, in cui sperimenta nuove tecniche, ma sempre per veicolare testi lirici per i quali preferisce la formula “poesia figurata”. Da segnalare, quindi, la mostra personale “Esibizione Bibliografica”, Milano, Avida Dollars, 1989.
Numerose sono le pubblicazioni, a partire dal 1973, fra cui Epigrammi scritti con una penna di pavone, Geiger, 1976; la finestra a ghigliottina, Guanda, 1978; neon, Amadeus, 1986; poesia laconica, ixidem, 1999; ciclo, ixidem, 2001. Non solo libri di poesie, ma anche saggi e narrazioni.
Dopo alcune esperienze editoriali o para-editoriali giovanili nei primi anni settanta, ha coniato la sigla editoriale “ixidem” (“ibidem” con un’incognita) nel 1980, riprendendo a pubblicare con continuità private press books, libri artigianali o d’artista, dal 1994.

 

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